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Quando Marco arrivò a Schio pose le basi, senza saperlo, per l'inizio di uno dei più antichi calzaturifici al mondo ad essere ininterrottamente posseduto dalla famiglia fondatrice. Le origini dei capostipiti e il "primo giorno" di bottega, un secolo fa, sono dunque il proemio di una Storia che è intreccio tra territorio, "cultura del lavoro" e comunità umana a cui l'azienda appartiene. Il Calzaturificio Zamberlan, infatti, non ha "attecchito" nelle sabbie del deserto o nei ghiacci del Polo, ma in un tessuto di bellezza, strade, scuole e mestieri che, come l'arte di lavorare i campi, il legno, la seta, i metalli, la pietra e la lana, hanno radici e tradizioni antiche. L'azione di Rossi e Marzotto, su quello stesso tessuto, vi ha in seguito aggiunto abilità, reti di clienti, fornitori, servizi e trasporti in cui le persone hanno riconosciuto, e riconoscono, il loro paesaggio industriale, lo spirito dei beni prodotti e il loro patrimonio culturale. Patrimonio fatto anche di linguaggi, sensibilità, miti, imprenditorialità e morfologia dell'area che, come le Piccole Dolomiti con gli Zamberlan, hanno favorito identità tra manufatti e territorio. A spaginare l'accumulo delle tracce passate di una comunità, infatti, c'è l'azione di quanti per dare forma ai sogni cercano di disegnare un mondo a propria immagine e dimensione: giusto quello che hanno fatto tre generazioni degli Zamberlan trasformando la vicinanza alla natura prima in mestiere, e dopo in bellezza nell'ampio progetto del Made in Italy che è storia del design industriale. Ciò nonostante, quella qui narrata rimane la storia di un sistema di valori in cui a farla da padrone sono la famiglia, la responsabilità, la reputazione, il "campanile" e la piccola dimensione. Elementi identitari di un sistema economico (quello italiano) contro l'anonimato sociale, il profitto ad ogni costo, il gigantismo delle multinazionali e la disappartenenza ai territori. Un sistema di valori dalle radici profonde dentro un mondo dove, parafrasando Luigi Meneghello, «Le cose ce le facevamo noi stessi molto più di adesso; [...] dove gli oggetti avevano una personalità spiccata e si sentiva la mano dell'artigiano che li aveva fatti [...] le idee venivano bensì da fuori, ma si assimilavano attraverso il lavoro diretto».